Sei stato snaturato, e anche il cuore a poco a poco si è chiuso, nella
confusione di ciò che stava accadendo, l’amore quello incondizionato vissuto
solo per un istante, si è allontanato; ora non conosci la realtà, ma una cosa è
certa: hai perso il senso delle cose, e ti sei anteposto ad un personaggio che
ha dimenticato la propria fonte per entrare nel pieno del narcisismo o bisogni
che hanno fatto chiudere il cuore.
La società patriarcale ha lavorato molto su quello che è l’energia
maschile, portandola verso la direzione del sesso così detto meccanico, basato
sullo scaricare la propria energia senza che essa passasse dal cuore; quindi, ad
un mancato radicamento, che porta l’uomo verso il suo centro.
Ci sono quindi, basandosi sulla griglia dei propri genitori, uomini
competitivi, maschilisti, narcisisti, sessisti. Uomini che hanno paura delle
donne, in quanto rappresentano una madre patriarcale, e quindi controllo e
aspettative, oppure uomini deboli e insicuri, dettati dal meccanismo impresso
nelle proprie memorie, di genitori paurosi o timorosi, verso la religione o
altri schemi impressi nel loro DNA. Comunque sia, se il cuore non ritorna al
suo collegamento con il primo chakra (radice), l’individuo non sarà mai
completo.
Le memorie epigenetiche generate nel corso del tempo e incubate nel
momento del concepimento, hanno portato a castrare la propria essenza già
dentro la pancia della propria madre; infatti, l’eredità iniziale di queste,
partono dai nostri nonni.
Approfondendo si arriva a scoprire che le memorie arrivano fino alla tredicesima
generazione; non tutte incidono sulle nostre memorie radicate, ma di certo all’
età da 1 a 3 anni abbiamo potuto vivere un’esperienza a volte traumatizzante,
di quel bambino che amava giocare, sperimentare una realtà sconosciuta, legata
dalla giocosità e leggerezza che solo l’essenza conosce.
Molti pensano che solo le donne siano vittime della cultura
patriarcale, ma non è così, anche l’uomo è stato schiacciato psicologicamente e
appiattito forzatamente sullo stereotipo complementare. L’ uomo moderno è
considerato tale solo se aderisce al modello costruito dalla società attuale:
deve essere razionale, prevaricatore, calcolatore, estraneo al mondo dei
sentimenti, della vulnerabilità e del contatto con le sensazioni corporee,
lontano da tutto ciò che può intaccare l’immagine dell’invincibile, da tutto
ciò che viene screditato e allontanato come “femminile”. Molti uomini non
sembrano nati per aderire a questo modello, può darsi che la sua essenza abbia
lati passionali, teneri, sensoriali o contemplativi che nulla a che fare con il
manager in carriera.
E può darsi che lo stesso manager apparentemente iper-adattato a quel
modello occidentale moderno paghi un caro prezzo, rinunciando ad esprimere ciò
che veramente è la sua essenza, manifestando aspetti più emotivi di sé stesso
che potrebbero donargli una maggiore autenticità e profondità nel contatto con
gli altri. La sfida non è rendere assoluta la posizione contraria, diventare
come direbbe la società “uomini mancati”, ma coniugare queste esigenze con
energie altrettanto importanti del femminile. Jung sosteneva, con i concetti di
Animus e Anima, che le energie del maschile e del femminile sono aspetti che
abitano la psiche di entrambi i sessi in ogni persona, uomo o donna, in ognuno
dovrebbe realizzarsi un’integrazione psichica fra queste polarità: l’uomo
dovrebbe poter incontrare i propri aspetti femminili, emotivi e vulnerabili;
così come la donna per trovare la sua completezza dovrebbe accogliere anche i
propri aspetti assertivi nei confronti della società.